Il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere il luogo di lavoro durante l’invio in sede distaccata o in trasferta (come ampiamente chiarito dal Ministero del Lavoro con risposta ad interpello n. 15/2010) ha affermato che lo stesso “non costituisce esplicazione dell’attività lavorativa e il disagio che deriva al lavoratore è assorbito dall’indennità di trasferta”.
Pure la giurisprudenza ha negato costantemente che il tempo di viaggio in occasione dell’invio in sede distaccata o trasferta possa rientrare nell’esplicazione dell’attività lavorativa (Cass. Civ. 5359/2011, 1555/2003, 1202/2000; e del Consiglio di Stato 8522/2003) evidenziando che il disagio psico-fisico e materiale del lavoratore viene compreso nell’indennità di trasferta.
Ne consegue che in nessun caso deve essere remunerato il tempo (diurno, notturno, feriale o festivo) impiegato dal lavoratore per il raggiungimento della propria nuova (ancorché temporanea) destinazione.
Se il tempo è funzionale al (ovvero è parte del) lavoro da compiere, questo deve essere normalmente pagato; se il tempo non è funzionale al (ovvero non è parte del) lavoro da compiere ma è solo una necessità propedeutica al raggiungimento del luogo di lavoro, nulla deve essere pagato in aggiunta.
Si può riassumere in tal modo:
1. Nulla si deve in aggiunta alle spese vive e indennità di trasferta ai lavoratori chiamati a recarsi presso la propria nuova (ancorché temporanea) sede di lavoro (ovunque essa sia ubicata);
2. Normale retribuzione (con maggiorazione secondo le disposizioni del c.c.n.l. applicato) si deve per il tempo di attesa solo se funzionale ad un trasporto (si pensi al conducente di un camion che stia ore in coda all’imbarco);
Con i migliori saluti
Lo Studio Burlando-Bruno-De Fraia